Una villa di delizie nel centro della capitale con gli affreschi di Raffaello
Tra le stanze della dimora edificata dall’architetto Baldassarre Peruzzi nei primi anni del Cinquecento per volere del banchiere Agostino Chigi, scopriamo, tra affreschi dell’Urbinate, interventi di Sebastiano del Piombo e del Sodoma, una delle più armoniose realizzazioni del Rinascimento italiano.
Racconta Giorgio Vasari, nelle sue Vite, di un bizzarro capriccio di Raffaello che ebbe come cornice proprio Villa Farnesina, dove il fervido artista lavorava a quei capolavori che avrebbero segnato a Roma, l’apoteosi del più grande pennello di volti e madonne dalla grazia incomparabile. Chiamato ad affrescare la sontuosa villa “di delizie” dal ricco mercante senese Agostino Chigi, suo committente e amico, l’artista avrebbe confidato al banchiere il suo mal d’amore, specificando di non riuscire a lavorare alla prima loggia “per lo amore che e’ portava ad una sua donna”. Il paziente committente si sarebbe pertanto adoperato affinché la fanciulla – la celebre Fornarina, la modella dall’identità controversa che ispirò al Sanzio molti capolavori – si intrattenesse a Villa Farnesina mentre il pittore dava libero sfogo al suo genio. “Il che – chiosa Vasari – fu cagione che il lavoro venisse a fine”. Ed in effetti tra le stanze di questa villa, oggi di proprietà dell’Accademia Nazionale dei Lincei – Raffaello diede veramente il meglio di sé.
A lasciare il visitatore spiazzato sono soprattutto le decorazioni delle Sale interne, realizzate ad affresco da artisti come l’Urbinate, Sebastiano del Piombo, Giovanni Antonio Bazzi detto il Sodoma e lo stesso Peruzzi.
La Villa prende oggi il nome dai Farnese, ai quali pervenne nel 1579 in violazione del vincolo ereditario posto dal suo committente, fine intenditore d’arte che volle racchiudere in questa dimora il segno della propria personalità.
Un giardino all’italiana nel cuore di Roma
Se preferite, iniziate il vostro percorso dal Parco, raffinato esempio di giardino all’italiana. Lungo la galleria dei lauri, sul marmo, è inciso una sorta di gentile commiato:
Per te che vieni qui, quello che ti sembra brutto per me è bellissimo: se ti piace, resta, se non ti piace vai pure via; comunque grazie
Immergendovi in questo invidiabile locus amoenus costellato di bellezze artistiche e specie arboree, avrete come l’impressione di godere della stessa quiete che il banchiere ricercava lontano dai clamori dell’urbe.
Sul retro si accede al “giardino segreto” ispirato all’hortus conclusus di tipo cinquecentesco, separato, per mezzo di un’alta siepe, dal “giardino di rappresentanza”. Quest’ultimo corre fino a un tratto delle Mura aureliane. Dopo un accurato intervento di restauro, pini e cipressi, il boschetto di allori, il Myrtus communis, l’ iris sono tornati a definire la variegata e colorata fascia lungo l’antico muro farnesiano.
Alcuni reperti archeologici – sarcofagi, capitelli e statue impiegati come elementi decorativi – testimoniano l’antica opulenza di questo ricco ambiente nel cuore di Trastevere.
Villa Farnesina e la costellazione favorevole
Si dice che nella primavera del 1506 la progettazione della Villa fosse già conclusa, ma che il banchiere abbia voluto attendere, per la posa della prima pietra, la costellazione favorevole, prevista per il 22 aprile 1506.
In origine l’ingresso alla Villa di via della Lungara era sul lato nord, dove i pergolati e i padiglioni del giardino, prolungandosi nei festoni di verzura dipinti nella Loggia di Amore e Psiche, riproducevano un effetto di simbiosi con l’architettura.
Fu Baldassarre Peruzzi a dare inizio al grande ciclo di affreschi, nella cosiddetta Stanza del Fregio, un locale destinato a sala d’ attesa per gli ospiti ma anche per cerimonie importanti.
Nel fregio l’ artista senese riprodusse le dodici fatiche di Ercole e altre imprese dell’eroe, con evidente allusione allegorica alle virtù del suo committente.
La Loggia di Galatea
Nei primi mesi del 1511 Peruzzi passò alla decorazione della volta della Loggia detta di Galatea. A lui Agostino Chigi affiancò il giovane Sebastiano del Piombo, ingaggiando poco dopo per la decorazione anche Raffaello.
Puntate bene lo sguardo. Negli affreschi delle nove lunette (la decima fu invece decorata da Peruzzi con una gigantesca Testa di giovane), Sebastiano realizzò scene tratte delle Metamorfosi di Ovidio, per poi affrescare su una parete una grande figura di Polifemo, originariamente nudo e poi rivestito per decenza da una vestina azzurra. L’Urbinate, invece si occupò di uno dei campi parietali con la figura di Galatea, la leggiadra ninfa sorpresa mentre si allontana dal suo corteggiatore su un cocchio tirato da delfini.
La tradizione vuole tuttavia che la gigantesca testa di giovane sia opera di Michelangelo.
Un aneddoto, incentrato sulla rivalità tra Raffaello e il Buonarroti, racconta che Michelangelo, estremamente curioso di sbirciare gli affreschi di Raffaello, dal momento che questi non permetteva a nessuno di vedere il proprio lavoro, riuscì a eludere la sorveglianza dei custodi travestendosi da venditore. Giunto di fronte al lavoro del rivale, non riuscendo a resistere alla tentazione, prese un pezzo di carbone per disegnare una gigantesca testa, prima di sgattaiolare via. Quando Raffaello si accorse dell’incursione, non ebbe la forza di cancellarla e ordinò che nessuno la toccasse.
Il Trionfo di Galatea
Il Trionfo di Galatea, dipinto da Raffaello, rappresenta l’apoteosi della ninfa, raffigurata mentre cavalca, statuaria, un cocchio a forma di conchiglia trainata da due delfini e guidata dal fanciullo Palemone. Attorno a lei si dipana un festoso corteo di tritoni e nereidi, mentre alcuni amorini la sorvegliano dall’alto.
L’affresco con protagonista la ninfa bianco latte, la veste rossa gonfiata dal vento, le braccia distese a guidare i delfini, toglie il fiato. Così come sorprendono i corpi possenti di tutte le figure rappresentate che risentono di influssi michelangioleschi, addolciti dalla grazia naturale del pittore di Urbino.
La Loggia di Amore e Psiche
Il vero incanto di Villa Farnesina esplode nella Loggia di Amore e Psiche, che prende il nome dalla decorazione ad affresco del 1518 dipinta sulla volta dalla scuola di Raffaello su disegni del maestro, con episodi ispirati all’Asino d’oro di Apuleio.
In realtà, una volta completati gli affreschi di Polifemo e di Galatea, Agostino Chigi si vide costretto a interrompere per oltre cinque anni la decorazione pittorica della propria villa. Il motivo era forse dovuto alla mancanza di tempo dell’indaffarato Raffaello.
La svolta ci fu verso il 1517, quando il banchiere impegnò il maestro nel ciclo pittorico della galleria al piano terreno. Qui l’artista diede pieno sfogo alle sue capacità creative, non limitandosi a raffigurare scene isolate, ma dando vita a una spettacolare narrazione continua, legata da una trama allusiva alle imminenti nozze del suo committente.
Il pittore scelse la favola di Amore e Psiche. Non è difficile scorgere il carattere festoso conferito all’ambiente dalla trasformazione della volta della Loggia d’ingresso in una pergola. Come se le specie del giardino, prolungandosi fino all’interno della Villa, si fossero trasformate in ricchi festoni. Al centro, coperti, sbucano due finti arazzi: il Convito degli Dei, in cui la fanciulla perseguitata viene infine accolta nel consesso divino, e Le nozze di Amore e Psiche, culmine simbolico dell’intero ciclo.
Le altre sale
La decorazione della stanza più intima della Villa, la Sala delle Nozze, fu affidata al pittore di Vercelli Giovanni Antonio Bazzi, detto il Sodoma, attivo tra Siena e Roma.
Ma l’idea di base restava di Raffaello. Sulla base di questa l’artista elaborò nel 1519, sulle pareti del locale, un ciclo incentrato sulle nozze di Alessandro Magno e Rossane. La narrazione, sulla parete nord, si dipana attraverso la scena del condottiero macedone nell’atto di offrire la corona alla sua sposa circondata da amorini, mentre lo attende sul bordo di un letto sontuoso. Le altre scene mostrano la magnanimità di Alessandro nei confronti della madre, della moglie e delle figlie di re Dario.
Fermatevi ad immaginare il banchetto di nozze del ricco banchiere, tenuto proprio nella Sala delle Prospettive, il 28 agosto 1519. In questa sala – che prende il nome dalle quadrature prospettiche aperte con finti colonnati su scorci urbani e paesi arroccati che urtano contro il cielo luminoso – potrete cogliere uno dei primi esempi di prospettiva in pittura.
Nel corso degli ultimi restauri, tra le colonne, è riemersa la sarcastica scritta a caratteri gotici, che ricorda il passaggio dei Lanzichenecchi: “1528 – perché io scrittore non dovrei ridere: i Lanzichenecchi hanno fatto correre il Papa”.
Nelle nicchie sono inquadrate figure di divinità, un fregio con scene mitologiche corre sotto il soffitto a cassettoni, mentre sulla parete nord campeggia un grande camino con la fucina di Vulcano.
Ciò che maggiormente affascina di Villa Farnesina, è il costante dialogo con il mondo antico, con il suo universo di immagini, simboli e miti con i quali Peruzzi e Sebastiano del Piombo, Raffaello e il Sodoma ingaggiano un dialogo pieno di armonia.
Il fascino e la particolare suggestione della Villa nascono proprio da questa inscindibile unità tra la prorompente personalità di Agostino Chigi e le magistrali prove architettoniche, pittoriche e decorative profuse da alcuni tra i più grandi ingegni del Rinascimento.
La Galleria delle Grottesche
Una delle novità recentemente emerse nel contesto della decorazione della Villa Farnesina è rappresentata dai motivi a grottesca che fanno da cornice ad alcune scene dipinte. In realtà Vitruvio, il teorico dell’architettura dell’età augustea, nel suo trattato De Architectura aveva stigmatizzato questi ornati, considerati “assurdi e sconclusionati”. I suoi insegnamenti dovettero essere tenuti in gran conto da Baldassarre Peruzzi e dal committente Agostino Chigi, ed è probabile che proprio per questo a Villa Farnesina fu dato poco spazio alle grottesche. Alcune sono state trovate lungo la piccola Galleria che collegava la Sala delle Prospettive con le stanze di Francesca Ordeaschi e dei suoi figli.
A Villa Farnesina una Gioconda per il banchiere
Fino al prossimo 3 ottobre 2020, la Sala che ospitava lo Studio del banchiere Agostino Chigi, accoglierà La Gioconda Nuda, su cartone di Leonardo, dipinto a olio su tela offerta in comodato all’Accademia Nazionale dei Lincei dalla Fondazione Primoli.
Derivata dal cartone Femme nue dite La Joconde nue del Musée Condé (Chantilly), attribuito a Leonardo o al suo atelier, l’opera era già stata esposta a Villa Farnesina nell’ambito della mostra “Leonardo a Roma. Influenze ed eredità” in occasione della quale era stata restaurata.
Address
Via della Lungara, 230 (Trastevere)
Orari di apertura
Lunedì – Sabato 9.00 – 14.00
Ingresso
Biglietti €10
Info
villafarnesina.it