In mostra l’arte in grado di oltrepassare il confine tra realtà e finzione
Se nel corso dei secoli l’arte si è spesso sentita sfidata ad essere mimesis convincente del reale, ossia rappresentazione veritiera e riconoscibile di ciò che l’artista vede, è anche vero che i limiti di questo approccio sono stati avvertiti da più di una corrente artistica, che per reazione ha poi virato verso l’astratto e l’informale.
Soprattutto quest’ultimo, portato alle sue estreme conseguenze negli anni ’40 e ’50, ha fatto in modo che si venisse a sentire l’esigenza di tornare a una rappresentazione del soggetto-oggetto che fosse immediatamente riconoscibile, con un recupero quasi chirurgico del concetto di realismo. Nasce così l’arte iperrealista, protagonista della mostra Sembra vivo!, nelle sale di Palazzo Bonaparte a Roma fino al prossimo 8 ottobre con 43 macro installazioni, eseguite da 29 artisti provenienti da diversi paesi del mondo.
Il fine della scultura iperrealista è sempre stato quello di riprodurre in maniera totalmente fedele l’essere umano o l’animale. A livello tecnico le opere sono dei capolavori di perizia, le figure sono realizzate con tecniche miste e materiali particolari, volti ad esempio a riprodurre l’esatta texture della pelle del personaggio; l’artista arriva anche ad innestare nella scultura peli e capelli umani.
Uno dei primi artisti ad approcciarsi a questa nuova corrente fu Duane Hanson, che iniziò a ricreare in scultura delle figure che riproducessero in maniera totalmente fedele delle persone reali, come nel caso di Two workers; col passare del tempo l’emulazione del percepibile prosegue con esiti sempre più convincenti, come nel caso delle nuotatrici di Carole Feuerman. La sua General’s twin diventa una moderna cariatide, colta mentre socchiude gli occhi verso il sole, la pelle irrorata da gocce d’acqua che testimoniano ancora di più del costume da bagno che indossa il tuffo dal quale è appena riemersa.
Grande protagonista della mostra è George Segal, artista in bilico tra arte Pop e Iperrealismo. I suoi calchi scultorei in gesso monocromo rappresentano persone colte in momenti di vita quotidiana, sospese in un’immobilità che le rende eterne ed enigmatiche. Sono esempi di quell’anonimato a cui spesso la società attuale ci conduce, volti senza nome campioni dell’assurdo straniante, maschere senza voce, fermo immagine di un ricordo impregnato di memoria. E’ il caso della splendida Blue girl on a parkbench: l’intensità del monocromo blu parla di interiorità, di attimi fermati tra le pagine della nostra mente. Il volto della ragazza è altrove, proiettato come il suo sguardo verso l’interno; un’epifania di altri luoghi e altri mondi che può avvenire mentre si è alla fermata dell’autobus o seduti su una panchina al parco. Segal è maestro nel trasformare in qualcosa di unico, raro e preziosissimo un qualsiasi elemento tratto dalla quotidianità, anche quello più, in apparenza, banale.
Tutte le correnti artistiche dopo la loro nascita attraversano momenti di crisi e di indagine che portano a successivi passaggi. L’essere conformi alle esatte proporzioni umane e alla veridicità dei tratti somatici della prima compagine iperrealista inizia a lasciare posto a un senso di illusione, alla deformità volta a stupire: il Man in a sheet di Ron Mueck ne è un esempio. Un uomo microscopico, avvolto e seminascosto da un lenzuolo, le cui proporzioni minute ne fanno quasi un fantoccio, se non fosse per l’incredibile intensità dello sguardo che ci colpisce una volta intercettati i suoi occhi.
Gioca con le forme anche il divertente ritratto dell’artista Andy Warhol, realizzato da Kazuhiro Tsuji: l’incredibile somiglianza con le reali fattezze del genio della Pop art contrasta in modo quasi comico con la struttura del suo corpo, che altro non è che un fluido supporto a forma di onda dorata, in grado di trasformarlo in un contemporaneo genio della lampada.
Il mondo animale è stato un altro principio ispiratore per gli scultori iperrealisti: è il caso di Carsten Höller, che con il suo gigantesco serpente giallo e la sua piovra dalle tinte fluo esegue delle convincenti riproduzioni di queste due specie, sporgendosi però al contempo sull’orlo del confine tra realtà e fantasia, accarezzato con ironia grazie alle tinte choc che ha scelto per rappresentare questi due soggetti.
Le opere in mostra sono anche frutto della riflessione dei singoli artisti sul concetto di tempo, memoria, e sul rapporto vita-morte. Un esempio brillante di queste tematiche è senza dubbio Woman and Child, di Sam Jinks: una donna anziana tiene tra le braccia un neonato dal volto grinzoso, appena venuto al mondo. Oltre a rappresentare due generazioni agli antipodi temporali, l’opera potrebbe anche essere metafora del ciclo vitale di un essere vivente: la donna infatti potrebbe tenere tra le braccia una sé stessa bambina, a prova della circolarità dell’esistenza umana. L’inizio e la fine di un percorso di vita viene quindi illustrato in modo toccante da questo intenso abbraccio.
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Fino all’8 Ottobre 2023
Palazzo Bonaparte
Piazza Venezia, 5
Orari di apertura:
Tutti i giorni dalle 10.00 alle 20.00, dal 3 Luglio dalle 11.00 alle 21.00
Biglietti: Intero 17.50€ – Ridotto 9-16.50€