In mostra oltre 130 stampe ai sali d’argento in bianco e nero in prestito dalla collezione dell’Atelier Robert Doisneau a Montrouge
Robert Doisneau, il grande maestro della fotografia umanista francese, incanta il Museo dell’Ara Pacis con i suoi scatti magnetici nei quali tutta la vita della Parigi tra gli anni Trenta e Sessanta del Novecento corre tra i bistrot, la strada, la banlieu.
Fino al 4 settembre il pubblico è invitato a tuffarsi nelle periferie animate dal vociare dei bambini, incrociando i volti delle ragazze vestite a festa in una domenica mattina, per poi scambiarsi sorrisi con “Les Habitants de la Rue du Transvaal”. Negli spazi del museo progettato dall’architetto statunitense Richard Meier, scrigno dell’antica Ara Pacis Augustae, il visitatore scruta con occhi vigili l’umanità più disparata fissata nelle oltre 130 stampe ai sali d’argento in bianco e nero arrivate a Roma dalla collezione dell’Atelier Robert Doisneau a Montrouge. È qui che il maestro, tra i padri fondatori del fotogiornalismo di strada, ha stampato e archiviato le sue immagini per oltre cinquant’anni, ed è qui che si è spento nel 1994, lasciando un’eredità di quasi 450.000 negativi.
A introdurci al percorso espositivo a cura di Gabriel Bauret, promosso e prodotto da Roma Culture, Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali, Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo, con il Supporto organizzativo di Zètema Progetto Cultura, sono i Concierges (1945-1953), i portinai della città, al centro di una serie di scatti, perché, come afferma Doisneau, “La vera Parigi non può essere concepita senza i suoi portinai”. Ritratti memorabili come quello di Madame Augustin.
Scivolando attraverso l’itinerario suddiviso in undici sezioni ci lasciamo stregare da Enfances (1934-1956), dove i soggetti fotografati da Doisneau, in particolare i bambini che popolano e animano le strade di periferia, diventano spesso complici delle sue intenzioni.
Se la guerra e l’occupazione rendono dura la vita quotidiana e i suoi inverni, la Liberazione offre al fotografo l’occasione di restituire l’effervescenza che in quel momento regnava sovrana a Parigi, come si evince dallo scatto intitolato Camouflage, nella sezione Occupation et Libération (1940-1944). Gli operai dei sobborghi parigini popolano invece Le Monde du travail (1935-1950). Doisneau lavorò cinque anni nel reparto pubblicitario delle officine Renault che gli permisero, come lui stesso racconta, di “conoscere il mondo di coloro che si svegliano presto”.
Ma gli scatti più intimi, veri, magnetici, in questo percorso dall’allestimento arioso, che ben consente di afferrare la vita che scorre tra il bianco e il nero, sono forse quelli che animano Le Théâtre de la rue. Nella scuola della strada, per Doisneau decisamente più accattivante di qualsiasi altra formazione scolastica, il maestro coglie una bellezza, un disordine e uno splendore che lo seducono. Ed ecco il venditore ambulante di verdure ritratto ne Les Oignons, o le Pêcheur à la mouche sèche, che il fotografo sembra volere emulare lanciando il suo obiettivo, alla maniera di una lenza, verso il fascino dell’umanità più eterogenea.
Emergendo da Scènes d’intérieur (1943-1970), l’occhio corre adesso alla mondanità immortalata tra il 1950 e il 1952 quando Robert Doisneau diventa un cronista della vita parigina e della scena artistica del tempo. E allora il percorso trascina tra i grandi balli e i sontuosi matrimoni del Dopoguerra, prima di metterci di fronte ai Portraits (1942-1961). In questa sezione si apprezza la parte forse meno conosciuta dell’opera del grande fotografo, costituita dai numerosi ritratti, spesso realizzati su commissione. Pittori, disegnatori, scrittori, teatranti, attori – da Picasso a Dubuffet, da Alberto Giacometti a Jean Cocteau – sfilano davanti al suo obiettivo influenzando per sempre il destino delle sue fotografie.
“Quello che cercavo di mostrare era un mondo dove mi sarei sentito bene, dove le persone sarebbero state gentili, dove avrei trovato la tenerezza che speravo di ricevere. Le mie foto erano come una prova che questo mondo può esistere” ricorda Doisneau.
È questa stessa tenerezza ad animare Une certaine idée du bonheur (1945-1961), la tappa del percorso dove la danza improvvisata in strada ne La Dernière Valse du 14 juillet ammicca all’iconico Le Baiser de l’Hôtel de Ville, probabilmente il suo scatto più celebre. A trascinare il visitatore di questa mostra che, come spiega il curatore, “lungi dal volere essere una retrospettiva completa (cosa che sarebbe impossibile) nasce dalla precisa scelta di andare alla ricerca dello spirito di Doisneau, delle immagini meno note di questo “filosofo” pervaso da un umorismo sottile, evidente in alcune immagini”, è lo sguardo empatico del fotografo, che diventa teneramente partecipe quando si tratta di ritrarre innamorati e bambini. Ad arricchire il percorso espositivo sono, proiettati, alcuni spezzoni tratti dal film di Clémentine Deroudille Robert Doisneau. Le Révolté du merveilleux e un’intervista al curatore Gabriel Bauret.
Un’attenzione particolare è invece dedicata all’accessibilità. Per le persone con disabilità visiva è stato progettato, in collaborazione con il Museo Tattile Statale Omero, un percorso dedicato, con disegni a rilievo e relative audiodescrizioni. Anche per il pubblico sordo saranno disponibili visite guidate gratuite alla mostra, accompagnati da interpreti della Lingua dei Segni Italiana – LIS, servizio messo a disposizione dal Dipartimento Politiche Sociali e Salute – Direzione Servizi alla Persona di Roma Capitale e realizzato dalla Cooperativa Segni d’Integrazione – Lazio.
Che si tratti di fotografie realizzate su commissione o frutto del suo girovagare per Parigi, gli scatti dell’artista nato nel 1912 nel sobborgo parigino di Gentilly, sono il risultato di uno stile che mescola fascino e fantasia, ma anche una libertà d’espressione vicina al surrealismo.
“Se c’è qualcuno che adoro, quello è Doisneau” diceva del suo collega il pioniere del fotogiornalismo Henri Cartier-Bresson. Il perché è tutto da scoprire in mostra.
Dal 28 maggio al 4 settembre 2022
Museo dell’ Ara Pacis
Via di Ripetta, 180
Orari: Tutti i giorni 9.30 – 19.30
Biglietti (solo mostra):
Intero €11, ridotto € 9
Biglietto Museo dell’Ara Pacis + mostra per i non residenti a Roma:
Intero € 17,00, ridotto € 13,00
Biglietto Museo dell’Ara Pacis + mostra per i residenti a Roma:
Intero € 16,00, ridotto € 12,00