Palazzo Cipolla celebra il pittore della joie de vivre
Luce e colore possono modificare uno stato d’animo. Specie se a “maneggiarli” è Raoul Dufy, il pittore francese che meglio di tutti ha saputo far indossare ai suoi paesaggi e ai suoi boulevards dei toni brillanti in grado di sollevare lo spirito di chi guarda.
La mostra a Palazzo Cipolla, che presenta un ricchissimo corpus di 160 opere, suddivise in 13 sezioni, provenienti da numerosi musei francesi e non solo, si pone l’obiettivo di far scoprire il poliedrico talento di Dufy, che oltre a essere pittore fu anche scenografo, incisore, disegnatore e decoratore d’interni.
Figlio di un tempo che cavalca la compagine Impressionista strizzando però già l’occhio al Fauvismo, Rufy ha saputo guardare in modo obiettivo alla sua realtà, restituendocela però velata di un substrato che si ricollega alla sua personale stagione di vita e ai suoi ricordi. Nato a Le Havre, mantenne nel tempo un particolare interesse per il mare e i suoi paesaggi: spesso protagoniste delle sue pitture sono infatti marine, o scene di regate, o le passeggiate degli allegri borghesi francesi sulle promenade, sotto un cielo che ha il turchese smaltato di una vetrata istoriata e la febbrile vivacità del tratto di un disegno eseguito sul momento, per coglierne l’attimo fugace.
I Fauve (le “Bestie, letteralmente”) scelgono il colore, e lo scelgono in modo spregiudicato, libero, emotivamente graffiante. Che sia brillante, e che illumini, oltre a far sentire la sua presenza, questo è ciò che contraddistingue il loro stile. Dufy si allinea a questa visione, creando un effetto a tratti sinestetico: il blu degli elementi aerei e acquatici della tela Il molo di Honfleur sembra gridare della voce del gabbiano in volo nel cielo, mentre il grigio del fumo che esce dalla cimiera del vaporetto arriva alle narici dello spettatore inondandole di fuliggine.
L’influenza dei grandi maestri e in particolare di Cézanne e gli esiti della ricerca di volume plastici e sintetici sono chiaramente visibili in una delle opere più importanti in mostra, la Grande Bagnante del 1914. Reminescenza iconografica degli anni giovanili dell’artista, che aveva visto questa figura femminile in spiaggia quando era ragazzo, l’opera, che verrà riproposta negli anni in numerose varianti, è un canto gaio che inneggia alla mediterraneità, una figura mitologica materna e sensuale eretta a nume tutelare dei bagni e dei tramonti della giovinezza di Rufy. Il tema del corpo femminile torna più volte nella sua produzione, come nel Nudo disteso, che mostra una donna pigramente assorta in un momento di relax.
E se parliamo di calore e di paesaggi classici, non si può non ricordare l’importanza del viaggio che l’artista fece in Italia nel 1922, visitando numerose città. In particolare fu la Sicilia a ispirarlo, come nel caso del dipinto raffigurante uno scorcio di Taormina: le colonne e i ruderi che si stagliano contro il cielo azzurro perdono un’identità geografica esatta per collocarsi nel macrocosmo dell’epica e della storia.
“Sono nello stato d’animo di uno di quegli edonisti inglesi che hanno viaggiato a lungo e ci annoiano con il racconto deiloro vagabondaggi. Sono a Porto Ulisse, penso a Omero”
Da sottolineare la presenza, all’interno dell’ultima sezione di mostra, dell’opera La Fata Elettricità, considerato il dipinto più grande del mondo. Fu realizzata da Raoul Dufy per il padiglione della luce e dell’elettricità presso l’Esposizione internazionale delle arti e delle tecniche di Parigi del 1937, su duecentocinquanta pannelli di compensato che misuravano 2 x 1,20 metri. Una volta dipinti, i pannelli furono avvitati su un telaio metallico. L’esito fu straordinario, una sinfonia acquarellata, un poema pittorico narrante le gesta riguardanti l’invenzione dell’elettricità da parte di scienziati e inventori, dall’antichità ai giorni nostri, e gli effetti delle loro scoperte sulla vita quotidiana e sul progresso dell’umanità.
Spesso sottovalutato a causa dell’apparenza fintamente effimera delle sue opere, Dufy lascia un’impronta non indifferente sulla pagine dell’arte del suo periodo storico; versatile e curioso, seppe fare sue le diverse istanze stilistiche che lo circondavano, connotandole però sempre con un tocco personale, e, non da poco, sempre rivolto verso quel bright side dell’esistenza in grado di generare serenità anche nell’animo del visitatore più austero.
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Fino al 26 febbraio 2023
Palazzo Cipolla
Via del Corso, 320, Roma
Orari: Mar – Dom 10.00- 20.00
Biglietti: Intero €10 – Ridotto €8