Da Bernini all’algoritmo. Palazzo Cipolla cambia volto con l’arte computazionale di Quayola
Dal 29 settembre Roma ospita la prima grande personale nella capitale dedicata a uno dei maggiori esponenti della media-art. La mostra “re-coding” invita a scoprire le radici del processo creativo attraverso un viaggio immersivo in tre sezioni
Un folgorante vortice di suoni, luci e materiali accoglie il visitatore di Palazzo Cipolla per trascinarlo nell’universo immersivo di Davide Quayola.
Per la sua prima grande personale, nella capitale dal 29 settembre al 30 gennaio (posticipata fino al 13 gennaio 2022), il re della media-art sceglie lo storico palazzo di via del Corso, costruito in stile neo-rinascimentale durante gli anni dell’annessione di Roma al Regno d’Italia dall’architetto Antonio Cipolla e divenuto, dal 1999, una delle sedi espositive della Fondazione Roma guidata da Emmanuele F.M. Emanuele.
Un viaggio immersivo nel processo creativo
“L’immaginazione è la facoltà non di formare ma di trasformare immagini”. È questa frase illuminante del filosofo francese Gaston Bachelard la bussola che orienta il pubblico di “Re-coding” – questo il titolo della mostra – nell’universo dell’artista romano, londinese di adozione, che ha “rimasterizzato” la storia dell’arte attraverso un linguaggio artistico-comunicativo personalissimo, invitandoci a scartare l’idea di rappresentazione per concentrarci sul processo creativo.
Se il visitatore accetta l’invito di seguire il percorso di trasformazione che investe La Deposizione dalla Croce di Pieter Paul Rubens, La Madonna d’Alba di Raffaello o Il Ratto di Proserpina di Bernini, per ritrovarsi di fronte a un’Adorazione dopo Botticelli o al cospetto di Venere e Adone dopo Rubens, entrambe del 2016, il gioco è fatto.
Utilizzando sistemi di robotica, intelligenza artificiale e software generativi Quayola trasforma perle del Rinascimento e del Barocco in complesse composizioni digitali, affidando a mezzi robotici le sculture ispirate alla tecnica michelangiolesca del non finito. L’artista ricodifica così la storia dell’arte guardandola da una nuova prospettiva, avvalendosi di un linguaggio innovativo capace di riflettere la sua visione poetica del mondo digitale.
Eppure Quayola non fa ricorso agli algoritmi al solo scopo di creare opere d’arte, ma restituisce piuttosto preziosi strumenti per leggere la nostra società contemporanea.
Nella nostra era digitale il modus operandi di questo giovane artistache vanta un curriculum internazionale con mostre in importanti musei del mondo, e che stuzzica la curiosità anche dei puristi della tradizione, ci illumina sul paradosso di un’immaterialità che è di fatto una nuova forma di materialità.
Alla scoperta del “Codice Quayola”
Per consentire al pubblico di svelare il complesso “Codice Quayola”, ovvero il linguaggio dell’artista, il percorso richiede un cammino lento, invita a fermarsi, ad attendere l’opera, che si frantuma e si compone, a comprenderne il senso e portare a compimento il processo di trasformazione iniziato dal suo artefice.
Muovendosi nelle tre aree tematiche del percorso espositivo – iconografia classica, sculture non finite, tradizione della pittura di paesaggio – lo spettatore assiste così alla trasformazione della tecnologia computazionale in tavolozza.
Dal classico alla natura
Se la sezione legata all’iconografia classica e alle sculture non finite che reinterpretano il classico esige, dal punto di vista dell’allestimento, una serie di cartelli pedagogici a supporto del visitatore, che lo guidino nella comprensione del linguaggio dell’artista, la sezione che abbraccia la tradizione della pittura di paesaggio appare più chiara, convincendoci di un apparente paradosso: l’arte generativa può rappresentare davvero il mezzo ideale per esplorare la natura. In che modo? Basta posizionarsi al cospetto di Jardins d’eté per trovarsi di fronte a una nuova forma di Impressionismo che ci sollecita a contemplare il processo “organico” parallelo che scorre tanto nella vita naturale quanto in quella algoritmica.
Sculture in polvere di marmo e resina – come il gigantesco Laooconte che grandeggia nella prima sala di Palazzo Cipolla – sagome in poliuretano cedono alle serie di stampe a getto d’inchiostro che verrebbe voglia di toccare per provarne la consistenza.
Passaggi temporali, futuri anticipati, passati ricostruiti tratteggiano un viaggio immersivo sorprendente tra i temi principali dell’arte computazionale dell’artista romano, racchiudendo opere realizzate tra il 2007 e il 2021.
La mostra, a cura di Jérôme Neutres e Valentino Catricalà, è promossa dalla Fondazione Terzo Pilastro – Internazionale, presieduta dal Prof. Avv. Emmanuele F.M. Emanuele, ed è realizzata da Poema con il supporto organizzativo di Comediarting e Arthemisia.
Si potrà visitare dal martedì alla domenica dalle 10 alle 20 (la biglietteria chiude un’ora prima).
QUAYOLA re-coding
Fino al 23 febbraio 2022
Palazzo Cipolla
Via del Corso, 320
Biglietti
€4,5-7,5
Orari di apertura
Martedi – Domenica
10.00 – 20.00 (ultimo ingresso 19.00)