La mostra degli artisti per cui la città di Londra è stata madre, musa e fonte d’ispirazione
Londra sta chiamando. Parafrasando il titolo della famosa canzone dei The Clash, Palazzo Cipolla dedica una mostra a 13 artisti di grande fama, tutti “debitori” in qualche modo verso la capitale inglese. Ciò che accomuna il loro lavoro infatti, è l’essere nati, aver vissuto o comunque aver tratto ispirazione da questa città, piena di storia e contraddizioni, antica e attualissima. In mostra 30 opere di artisti che non hanno bisogno di presentazioni, come Damien Hirst, David Hockney e Idris Khan.
All’entrata lo spettatore si confronta subito con Magenta Apple mix 2, la coppia di dischi specchianti di Anish Kapoor, pupille infuocate convesse e fluide, che riflettono ciò che è e ciò che sta attorno. Se lo spettatore può riconoscersi al loro interno, c’è da dire che il dubbio circa la reale tangibilità di ciò che si duplica rimane: siamo noi o è altro da noi? Questo è il dilemma.
Il tema della deformazione della materia torna nelle sculture vorticose di Tony Cragg, immortalate in fieri, mentre si avvolgono ed evolvono in un passaggio magmatico di stati. Nell’opera Skull, ciò che sarebbe letteralmente chiamato teschio, e quindi associato in modo filosofico a un sempre valido memento mori (ossia a una profonda e tragica riflessione sulla caducità dell’esistenza), viene qui trasformato dal guizzo dinamico di Cragg in un volto mutante, o forse mutevole, che si trasforma in altro, restando comunque fedele a se stesso.
Mattatore della mostra non poteva non essere Damien Hirst. La sala riservata ai suoi lavori è incentrata su un ossimoro percepibile attraverso una reazione quasi epidermica: si passa dai brividi gelidi ed asettici dati da Glen Matlock, il famoso armadietto dei medicinali zeppo di pile ordinate di farmaci, allo squilibrio a tratti allergico dato dal vortice cromatico di Beautiful totally out of this world painting, disco fluo appeso a parete, che risucchia lo sguardo fino a farne centrifuga di pensieri, che vengono poi restituiti addensati di una pesantezza che gronda vernice e caos.
La mostra si scopre essere particolarmente interessante anche grazie agli stili eterogenei degli artisti presenti, nonchè alla varietà dei temi trattati. Se ad esempio le geometrie di Sean Scully sono un mare calmo sul quale galleggiano memorie di Malevic ed echi astratti, la ritrattistica colorata e patinata di David Hockney spezza la noia, condensando ricerca psicologica a un realismo quasi magico che vede la fisiognomica diventare indagine sociale e introspettiva.
E se, ancora, Grayson Perry ironizza sulla miseria etica del guadagno fatto sul fare artistico, che rende la creazione commercio e moda, Jake and Dinos Chapman puntano il dito, ironico e sempre sornione, sul rendere accettabile tramite i media e il cinema anche oggetti e dinamiche portatrici di morte. La stessa morte, tragica ed ingiustificata, che diventa protagonista delle opere di Annie Morris, che attraverso il suo lavoro elabora e rende immagine comprensibile, seppur lacerata, la gestazione di un figlio e il suo terribile terminare, non annunciato, anzitempo.
London Calling. British Contemporary Art Now.
Fino al 17 luglio 2022
Palazzo Cipolla
Via del Corso, 320
Orari di apertura
10.00 – 20.00 (ultimo ingresso ore 19.00)
Biglietti
€4-6