In mostra 250 scatti del maestro che ha reso la fotografia di moda una forma d’arte
“Non sono un artista , sono un fotografo“, diceva di sè Helmut Newton, il fotografo berlinese al quale il Museo dell’Ara Pacis di Roma dedica una grandiosa retrospettiva, visitabile fino al prossimo 17 marzo. Quella che parrebbe un’espressione di umiltà va invece letta come una dichiarazione d’amore verso la propria professione, oltre che un’analisi lucida del proprio operato. Malgrado questa granitica osservazione però, sono stati davvero pochi i casi nella storia delle arti dove il confine tra questi due ruoli è apparso così osmotico ed evanescente.
Curatori della mostra Helmut Newton. Legacy sono Matthias Harder, direttore della Helmut Newton Foundation e Denis Curti, ideatori di un progetto espositivo che è un’immersione totale nel lavoro di tutta una vita, con oltre 200 scatti, 80 dei quali inediti, riviste e documenti.
Il percorso si divide in 6 apparati cronologici: gli esordi degli anni Quaranta e Cinquanta in Australia, gli anni Sessanta in Francia, gli anni Settanta negli Stati Uniti, gli Ottanta tra Montecarlo e Los Angeles, i numerosi servizi in giro per il mondo degli anni Novanta fino a chiudere con gli ultimi anni di produzione.
“Il mio lavoro come fotografo ritrattista è quello di sedurre, divertire e intrattenere“.
Helmut nasce in Germania nel 1920 da una famiglia ebrea, e inizia prestissimo a mostrare una forte passione per la fotografia: a soli 16 anni infatti già lavorava come apprendista dalla famosa fotografa di moda Yva. Durante le persecuzioni naziste del 1938 si rifugia in Australia, dove apre un piccolo studio di fotografia, approdando in quella che davvero si può definire la parte opposta del mondo: qui inizierà la sua professione in modo sistematico, senza interromperla più.
Basilare il rapporto con la moglie, June, protagonista di innumerevoli scatti: musa, modella e anche lei valida fotografa, nota con lo pseudonimo di Alice Springs. Nel 1961 Helmut si trasferirà con lei a Parigi, su invito di Vogue Paris, dove perfezionerà il suo stile fino a diventare uno dei riferimenti maggiori per la fotografia internazionale.
Sono tantissimi gli stilisti che nel corso del tempo si sono affidati al suo sguardo: Yves Saint Laurent, Karl Lagerfeld, Thierry Mugler, Chanel e tanti altri, per non parlare del microcosmo meraviglioso e femminile delle modelle che si sono sottoposte all’indagine del suo obiettivo. Sculture viventi, Veneri e Medee che giocano con i confini del bello e del terribile interpretandone tutte le parti, in un gioco di maschere e ruoli fatto dello stesso chiaroscuro usato dal fotografo, tra luci e ombre esteticamente affascinanti ma anche molto profonde a livello interiore.
Non a caso sono innumerevoli i personaggi famosi che hanno voluto essere ritratti da Helmut Newton: Gianni Versace, Andy Warhol, Charlotte Rampling, Romy Schneider, Catherine Deneuve, Mick Jagger, Nastassja Kinski, David Bowie, Elizabeth Taylor e molti altri.
“Non sono un artista, sono un fotografo“.
Il tocco innovativo di Newton è ben visibile nella scelta delle tematiche legate ai suoi servizi di moda, davvero all’avanguardia al momento della loro realizzazione e ancora tali a distanza di anni, come quelli ispirati ai film di Alfred Hitchcock, Francois Truffaut e Federico Fellini. La cura della posa, dello sguardo, i riferimenti, i look studiati nel dettaglio: più che foto racconti per immagini, sempre intriganti, a tratti seducenti, mai e poi mai volgari.
Il fotografo ebbe un rapporto molto intenso anche con il nostro Paese: in mostra sono presenti immagini catturate a Montecatini, Firenze, Milano, Capri, Venezia e, naturalmente, Roma. Proprio nella capitale tra l’altro è ambientata la serie di otto scatti nota con il titolo di Paparazzi.
Il suo stile unico, il marchio di fabbrica dell’uso del chiaoscuro in senso costruttivo e sensuale, l’ironia e la seduzione che si fanno linguaggio d’arte lo hanno reso a buon diritto uno dei massimi esponenti della fotografia del XX secolo. Le sue donne totemiche hanno riempito copertine e riviste oltre che l’immaginario collettivo, icone di stile e glamour mai fini a sè stessi ma espressione di un codice linguistico e visivo dove la luce, lo scorcio e il dettaglio sono da considerarsi lemmi di un vocabolario ricercato.
Fino al 17 Marzo 2024
Museo dell’Ara Pacis
Via di Ripetta, 180
Orari: tutti i giorni 9.30-19.30
Biglietti: Intero € 13, Ridotto €11 (solo mostra)